La stregoneria, fenomeno dalle origini molto antiche, è stato ed è tutt’ora un tema “caldo”, oggetto di ricerca e critica da parte di numerosi studiosi tra i quali figurano in primo piano teologi, storici, filosofi e antropologi, ma anche fonte di curiosità per qualsiasi persona. Questo interesse è provato infatti dalla presenza di un’ampia bibliografia al riguardo, tuttavia in continua evoluzione. Questo fenomeno ha interessato direttamente anche la Valle di Poschiavo in età moderna: i numerosi atti processuali ancor’oggi conservati in buono stato presso l’archivio comunale valligiano che in questa sede si vogliono rendere visibili e consultabili a tutti, studiosi e non, ne riportano un’importante testimonianza. Tra Seicento e Settecento il tribunale laico locale, al quale era affidata l’amministrazione della giustizia, istituì un numero elevato di processi contro “streghe” e “stregoni”, individui appartenenti alla società poschiavina, tra cui uomini, donne, ma anche fanciulli, colpevoli di essere depositari dell’arte della stregoneria, sin dal Medioevo considerata un grave reato perseguibile penalmente. Secondo quanto emerge dai processi, le “streghe” rinnegavano la Trinità e si ponevano al servizio del loro nuovo signore, il Demonio, al quale mostravano devozione attraverso riti collettivi periodici, i cosiddetti sabba o “berlotti” e la pratica dei malefici, ossia “atti” coi quali si credeva potessero danneggiare persone, animali e l’ambiente che li circondavano. Il clima di terrore, favorito dalla difficile situazione storica che la Valle stava vivendo in quegli anni, innescò un meccanismo di accuse tale per cui i giudici, parte integrante della società e convinti della presenza reale del demonio, portarono avanti la loro battaglia contro il “Maligno” per oltre 120 anni: istituito contro Orsina De Doric il più antico processo conservato risale al 1631, il più recente invece si riconduce al 1753 e vide come imputata Caterina Zala. Entro queste date, considerate gli estremi temporali della caccia alle streghe in Valle, numerosi individui furono condotti dinnanzi alla giustizia: sottoposti a lunghi ed insistenti interrogatori e ad atroci e numerose torture, una buona parte di essi confessò la propria colpevolezza pagando con la morte. Si deve a Gaudenzio Olgiati, nell’Ottocento giudice federale di origini poschiavine, la prima archiviazione di questi atti processuali: nell’elenco da lui compilato se ne contano 128. Tuttavia, egli non si occupò soltanto di ordinare i manoscritti di questi ultimi, bensì si premurò di operarne le trascrizioni, ad oggi presenti in archivio comunale dattiloscritte e rilegate in otto volumi da Roman Juvalta sul finire degli anni settanta del secolo scorso. Queste, nonostante si presentino spesso sintetiche, rappresentano un validissimo supporto alla lettura dei manoscritti, in alcune parti difficilmente decifrabili. In alcuni casi esse risultano l’unica testimonianza del processo, in assenza di quello manoscritto. Questi processi sono stati oggetto di un nuovo riordino: nel 2014, pur tenendo fede all’elenco di archiviazione stilato da Olgiati, sono stati aggiunti alcuni incartamenti riaffiorati grazie all’attento lavoro degli archivisti nel corso degli anni, di cui tuttavia non sono presenti le trascrizioni. All’operazione di riordino si è aggiunta quella di stesura di una scheda di regesto, in cui sono riassunti gli elementi essenziali di ogni singolo processo. Rendendo qui fruibili i manoscritti, le trascrizioni e i regesti dei processi, si augura una buona lettura a tutti coloro che, o per curiosità o per motivi di ricerca, desiderano affacciarsi al fenomeno della stregoneria in Val Poschiavo.
Cristina Giulia Codega